UN VOLO DI GABBIANI di Stefania Bocchetta
UN VOLO DI GABBIANI
Acqua e cielo. Nient'altro che acqua e cielo fino all'orizzonte infinito dove
non si intuisce più cosa sia acqua e cosa sia cielo.
E' l'alba del quarto giorno e l'Africa è oramai lontana mentre l'Italia
dovrebbe essere là, sempre dritto.
Sono in tanti sul barcone, così tanti che Amina non saprebbe nemmeno dire
quanti; tutti pigiati, gli uni addosso agli altri, nella stessa posizione da quando sono
partiti, senza la possibilità di muovere nemmeno un muscolo.
L'acqua da bere è
finita da qualche ora, quante? Troppe a giudicare dal bruciore alla gola e
dalle labbra arse dove gli spruzzi dell'acqua del Mediterraneo, che spesso li
ha inondati, sono arrivati a colpire. Anche il cibo scarseggia: è rimasta solo
mezza barretta dolce ma è per la sua piccola che si agita nel sonno, cullata
dalle sue braccia amorevoli, avvolta nella coperta legata a tracolla come uno
zaino.
Perché anche noi
abbiamo figli da proteggere e per i quali sognare un futuro migliore, non fatto
di guerra per i maschi e di stupri per le femmine: no, non voleva questo per
sua figlia! E quale madre lo vorrebbe?
Tre giorni e tre notti
che sono sembrate anni, una vita intera! Tutti i suoi risparmi sono finiti
nelle tasche dell'organizzazione ma che altro avrebbe potuto fare, lei vedova
di un pover'uomo chiamato ad usare il fucile quando aveva solo imbracciato gli
utensili da muratore, con una figlia piccola di 5 anni da crescere,
possibilmente lontana dalle brutture della guerra, della fame, della miseria
più nera? Due femmine che per la loro cultura non erano persone ma un niente!
Sì su quel barcone
c'era tutta la speranza per un futuro dignitoso e fino a quel momento era
andato tutto abbastanza bene.
La traversata non era
stata poi così difficile. Il mare era stato abbastanza mosso nei giorni scorsi
ma mai in tempesta, c'era sì un olezzo infernale causato dai malori di quei
disgraziati e dai loro bisogni ma l'Italia era vicina, diceva continuamente il
giovane tunisino che guidava quella bagnarola e il suo amico più anziano, quasi
sempre ubriaco, annuiva ridendo sguaiatamente.
Qualcosa però era
cambiato nelle ultime ore. Amina lo percepiva nell'aria, anche se non avrebbe
saputo di cosa si trattasse, aveva notato il volo incessante dei gabbiani,
udito le loro stridule grida e sapeva che là dove volano i gabbiani c'è terra
vicina.
La piccola si agitò
ancora di più e lei riprese a cullarla, a sussurrarle dolci e tenere parole
cercando di rinviare il più possibile la consumazione di quell'unica mezza
barretta e soprattutto di farle dimenticare la sete che certamente provava.
Presa com'era dalla
sua bambina, non aveva visto la nave che era apparsa all'improvviso
all'orizzonte ma il grido dei suoi miserandi compagni di viaggio che l'avevano
avvistata, ridestarono immediatamente la sua attenzione.
In breve tutto il
barcone risuonò delle urla dei disgraziati che la circondavano, alcuni
cercarono di alzarsi in piedi aggrappandosi a qualsiasi cosa fosse alla portata
delle loro mani, calpestando tutto ciò su cui posavano i piedi anchilosati da
giorni di forzata inattività.
Il barcone aveva
iniziato ad ondeggiare in modo preoccupante. Amina stringendo la figlioletta al
seno, cercava di proteggersi da quella massa umana impazzita. I due scafisti
avevano iniziato ad imprecare ed urlare cercando inutilmente di fermare
quell'orda impazzita che rischiava di capovolgere l'imbarcazione da un momento
all'altro; Amina lesse il terrore anche nei loro occhi e comprese il grave
pericolo che incombeva su di loro.
Quando quei poveri
disgraziati si resero conto che il peschereccio finalmente puntava la prua
verso di loro, le urla erano diventate ancora più acute e i movimenti di quei
corpi duramente provati, ancora più inconsulti e incontrollabili, finché
accadde la disgrazia.
Di colpo Amina si
ritrovò completamente immersa nell'acqua del Mediterraneo, la bimba ancora
stretta al seno, nella coperta che la legava alla madre. L'acqua era fredda e
oscura mentre lei sprofondava sempre più. Sentiva le poche forze disponibili
abbandonarla ma non poteva lasciarsi sopraffare: se fosse annegata sarebbe
stata la fine anche per la sua bambina.
Raccolse tutte le
misere forze di cui disponeva, il suo corpo rispose con una scossa alle sue
sollecitazioni e le gambe si mossero nel tentativo di nuotare verso l'alto.
Ancora un po' più su, Amina! Ancora un altro po', per la tua bambina! Lassù,
fra le onde del mare c'è la luce e la vita, laggiù in fondo c'è oscurità e
morte: non vuoi tornare giù Amina, vero? Sì lo sai che sarebbe più facile, più
semplice e soprattutto meno doloroso lasciarsi andare a fondo ma la tua bambina
ha tutta la vita davanti ed ha il diritto di viverla e viverla dignitosamente.
E' per questo che eri sul barcone, ti ricordi Amina? Sì che lo ricordi! Non sei
arrivata fin qua per morire annegata nel Mediterraneo! No, davvero dopo che hai
attraversato il deserto a piedi e su un vecchio carro sgangherato, dopo che ti
sei venduta tutto, anche quei quattro stracci di tuo marito, hai rischiato le
botte, i furti, gli stupri per cosa? Morire fra le onde del mare? No,
soprattutto non era questo che volevi per tua figlia e allora su, coraggio,
ancora uno sforzo anche se fa male da urlare e tutto il tuo corpo si ribella
furioso a questo supplizio ma la luce si avvicina. Eccola è lì, sulla
superficie del mare e la luce significa aria per i tuoi polmoni che bruciano,
significa salvezza perché lì ci sono i pescatori italiani arrivati per portare
soccorso e aiuto.
Eccolo l'ultimo colpo
di gambe, che fortuna essere cresciuta lungo un fiume ed aver imparato a
nuotare fin da piccola! Eccola l'ultima spinta e la testa è fuori dall'acqua e
anche la tua bimba lo è: Signore fa che non sia troppo tardi! Fa che sia viva!
Un grido, una lingua
sconosciuta: "Da questa parte! Ci sono una donna e una bambina! Aiutatemi
a tirarle su, sono ancora vive!"
Amina non capisce
nemmeno mezza parola ma quando delle mani forte e sicure afferrano lei e sua
figlia, la piccola inizia a piangere. Amina ascoltava quel pianto come
ascoltasse il suono magico della vita che rinasce, come il primo pianto che
aveva udito subito dopo averla partorita: una nuova rinascita l'attendeva!
Sorrise, il volto
rivolto verso il cielo. Mentre la sollevavano verso la salvezza, le sembrò di
librarsi in volo come i gabbiani che volteggiavano rapidi nell'azzurrità che
aveva il sapore della libertà.
Stefania Bocchetta