RITORNO A OKINAWA di Luigi Lucaioli

06.06.2024

Ritorno a Okinawa

Tornata in patria, si ritrovò avvolta nel vortice della vita frenetica della città. I rumori, con i quali era cresciuta, le si amplificavano in maniera esponenziale. Travolta dagli scarichi dei mezzi pubblici, sempre più asfissianti, dagli odori nauseabondi della immondizia spesso lasciata per giorni e giorni sulla strada, le fecero tornare alla mente e desiderare ardentemente di ritrovarsi in quell'oasi di pace che aveva conosciuto dopo essere fuggita da Otto. A nulla era valso comprare una villetta in periferia con giardino, doveva sempre fare i conti con la realtà: la città era a due passi, quel modello di vita che lei desiderava, si scontrava ogni giorno con un mondo che non accettava più. Quella brutta esperienza con Otto l'aveva segnata, per quanto lei cercasse di dimenticare la volgarità di tanti uomini che la avvicinavano ma che, in realtà, la allontanavano sempre più, portandola a detestare l'uomo. Aveva sviluppato una fobia per la sporcizia, la superficialità e la maleducazione. Tornata a casa, spento il motore dell'auto, le sembrò di sentirsi addosso l'odore degli scarichi di tutti i mezzi della città. Si spogliò completamente ed entro sotto la doccia. pensava di togliersi di dosso quel senso di orticaria che provava ogni volta che andava in città. Ancora con i capelli bagnati, aprì la scatola dove aveva riposto tutte le foto e gli origami del suo soggiorno in Giappone. Una foto in particolare sembrava una stampa di altri tempi: tre donne in kimono con l'acconciatura tipica, erano lei al centro e ai suoi lati la domestica e la proprietaria del "resort". Un nodo alla gola le impedì di mettersi a piangere ma, vedendo un cartoncino scritto con i caratteri giapponesi, la traduzione stampata in inglese e quella in italiano scritta a mano. Un senso di calore la pervase e, senza rendersene conto, si ritrovò a comporre quel numero di telefono indicato sul cartoncino.                                                                                                                        «Hai?» a quella risposta Clara pronunciò le sue parole in inglese dopo aver salutato in giapponese. «Konbawa, I'm italian…»                                                                                                                                        «Ciao Clara» le rispose una voce dall'altro capo del telefono; poi la conversazione proseguì in inglese. Dopo le frasi di rito e i convenevoli, Akiko san disse a Clara di essere ben felice di ospitarla, se mai ne avesse avuto voglia.                                                                                                                                                                        «Ne sarei onorata» rispose Clara: lo disse istintivamente e, nel momento stesso, lo decise «Devo pianificare, tramite Ambasciata, come organizzare un soggiorno prolungato. Vendere tutto ciò che ho qui in Italia e programmare l'itinerario per il viaggio» Si salutarono con la promessa di risentirsi non appena avesse appianato le beghe burocratiche.                                                                                                                Finalmente sull'aereo! Poteva rilassarsi per tutta la durata del volo, dopo essersi stressata con tutte quelle domanda di un funzionario.                                                                                                                               «Come mai ha chiesto un visto di sei mesi per il Giappone?»                                                                             Come poteva Clara spiegare a quell'uomo che la sua era una fuga dalla civiltà, proprio da persone come lui? Lei era andata solo per chiedere se ci fossero delle limitazioni per un soggiorno prolungato. Scacciò il pensiero, non voleva guastarsi il viaggio; mise gli auricolari per ascoltare la musica, sapeva che non avrebbe dormito.                                                                                                                                                          «Konnichiwa Clara san!» Clara cercò di pronunciare quelle parole che aveva ascoltato più e più volte. «Watashi wa ie ni imasu» si tolse le scarpe sull'erba, salì i tre scalini e indossò i tabi.                              «Konbawa Clara san» era la domestica che aveva conosciuto quando era venuta la prima volta, in kimono impeccabile e acconciatura che sembrava finta                                                                                              «Dozo» la invitava con un cenno della mano a seguirla. Sapeva già quale sarebbe stato il rituale, ma era lì proprio per quello, anzi lo desiderava. Non si vergognò, come era accaduto la prima volta, di trovarsi nuda davanti ad una estranea. Si immerse nell'acqua bollente e lasciò che la donna le massaggiasse il corpo. Un senso di rilassatezza la pervase, stava per addormentarsi, si tirò su e indossò il kimono fresco per andare a cena. Come suo espresso desiderio, niente di occidentale, cibo giapponese e sakè servito caldo. Andò a letto presto, inebriata dal sakè si addormentò subito, non sognò ma neanche ebbe incubi come le accadeva negli ultimi tempi. Era stato quello il motivo che l'aveva spinta a tornare a Okinawa.Il mattino seguente si alzò presto, il jet-lag non le aveva provocato alcun disturbo: voleva vedere il sorgere del sole. Uscì sulla veranda, sapeva che avrebbe trovato i calzari (calzature tipiche giapponesi) ma rimase sorpresa: ce n'erano due paia e della stessa misura. Non si meravigliò affatto quando comparve la domestica.                                            «Dozo» le disse porgendole i calzari che doveva mettere ai piedi. Non ci fu bisogno di chiedere, capì solo che gli altri calzari erano per Toshiro-sama, come le indicava otetsudai, che poi non era altro che la traduzione di domestica. Dal dizionario che aveva, Clara scoprì che nel Giappone feudale, i ceti inferiori venivano chiamati con il nome del loro lavoro. In questo angolo di mondo rispettavano queste tradizioni, un po' per folklore, ma anche perché Akiko-san aveva costruito quel resort perché non accettava il viver moderno. Per questo quando Clara venne da lei, la accolse come fosse stata una sorella. Anche lei era fuggita dagli uomini e dal progresso. Clara aveva chiesto ad Akiko di spiegare alla domestica che l'avrebbe chiamata Grazia, in quanto le riusciva difficile pronunciare "otetsusai", e poi i suoi modi di fare, il suo garbo, le suggerivano quanta grazia ci fosse in lei. Tutto questo dialogo in inglese tra Clara e Akiko, che poi doveva spiegare alla domestica, comportò vari passaggi ma poi, alla fine, "Grazia" si rivolse a Clara:«Domo arigato» seguito da una sequela di parole, per dirle che era onorata di sentirsi chiamare con quel nome.                                                       «Ohayou gozaimasu» dissero all'unisono Akiko e Grazia, rivolgendosi all'uomo che era apparso sulla soglia, il quale rispose con una specie di grugnito che Clara non capì cosa avesse detto. L'uomo si inchinò rivolgendosi a Clara e Akiko si affrettò a presentare Toshiro Suzuki-sama, cosa che fece lui stesso inchinandosi profondamente davanti a Clara.                                                                                                              «Sumimasen» e le voltò le spalle per calzare i geta. Poi, in un inglese impeccabile, le chiese «Vuole farmi l'onore di unirsi a me per ammirare l'aurora?»                                                                                                    Clara sentì, o perlomeno, ebbe la sensazione di essere arrossita a quell'invito. Non era proprio abituata a quella educazione, un misto di rispetto e di cortesia da parte di un uomo. Accettò di buon grado e si avviarono verso il giardino dove c'era una fontana con una cascatella. Si inebriò davanti a quella vista, i colori del cielo, gli alberi fioriti, le aiuole intorno sembravano scolpite, i pesci rossi nell'acqua…. Ma la vicinanza di quell'uomo alto, imponente, fuori dai canoni dallo stereotipo giapponese di statura media. Dopo tanti anni si sentì turbata dalla presenza di un uomo accanto a lei. Si sentiva, dentro di sé, avvampare come quando il suo "amoretto" di gioventù l'aveva abbracciata ma era durato solo un attimo, perché lui aveva già spostato le sue mani in altri… posti. Già da allora aveva iniziato ad avere repulsione per il genere maschile, fin quando aveva conosciuto Otto: dolce, premuroso, delicato… fino a che non era ubriaco! Cancellò dalla mente quelle nubi nere che l'avevano colta di sorpresa. Accettò di buon grado l'invito di Toshiro-sama.                                Stettero ad osservare il cielo fin quando il sole affiorò completamente dalla cima di quei monti. Si scambiarono solo convenevoli, del loro lavoro, di come mai una così bella donna si trovasse da sola in vacanza in un posto così lontano dal suo mondo. Mentre le parlava, la guardava fisso negli occhi, ma la sua non era una domanda di circostanza, sembrava le avesse letto nell'animo. Clara voleva quasi confidarsi con quell'uomo, ma temeva di sembrare patetica. Venne in suo aiuto Grazia che li avvertiva che il loro bagno era pronto.                                                                                                                                                          Rientrarono ognuno nel proprio alloggio per la pulizia corporale, come era abitudine per l'igiene personale ma Clara non avrebbe mai immaginato che il "furo" (vasca con acqua calda per la purificazione dello spirito e rilassamento), lo avrebbe fatto con l'altro ospite. Lui si era già immerso e quando vide che Grazia stava togliendo il kimono a Clara, chiuse gli occhi per cortesia, ma lei per un attimo s'arrestò, presa alla sprovvista ma si ricompose subito, si lasciò svestire, scese i tre gradini per entrare in acqua, pensò che il suo rossore che sentiva pervaderla fin sulle orecchie, fosse dovuta alla temperatura dell'acqua. Mentiva a se stessa, sapeva che era la presenza di lui che, anche se aveva chiuso gli occhi, si sentiva osservata. Improvvisamente non si sentì più turbata, anzi voleva che lui la guardasse. Dopo tanti anni si sentiva donna! Si immerse e si adagiò sulla sponda al fianco di lui. Stavolta lei stessa non volle distogliere lo sguarda da lui, il quale sentendosi osservato ebbe un momento…. Si girò subito per uscire dall'acqua e Grazia gli porse subito il kimono.                                                                                                                                                                       Lei era già seduta al tavolo quando lui si ripresento; Akiko, forse per quanto le aveva detto la domestica, aveva preparata un'unica tavola, con la scusa che erano gli unici ospiti del resort, per farli cenare insieme. Per quante volte aveva saltato la cena e, a volte, non aveva mangiato per l'intera giornata! Gustò le pietanze con avidità e bevve molto sakè che Grazia si apprestava a riempirle la ciotola ogni volta che lei la posava. Si sentiva leggera, sospesa in una nuvoletta, come se la realtà non la riguardasse, ma fosse una favola che lei stava vivendo. Una sensazione la pervase… aveva voglia di fare l'amore! Da quando aveva lasciato Otto quella parte di sé come donna, l'aveva seppellito. Ora quell'uomo deciso, diretto ma sempre garbato le aveva risvegliato i sensi. Ma non voleva rovinare quella atmosfera.                                                                               "Se non sarà, pazienza ma non rovinerò questi momenti, preferisco che rimanga un buon ricordo, anche se non credo affatto che lui sia il classico predatore occidentale".                                                                               Il giorno dopo ebbe conferma di quanto aveva pensato di lui: sul suo vassoio le aveva fatto trovare un fiore di loto. Mentre ammirava quel fiore, Grazia cercava, con il suo inglese approssimativo, di spiegarle il significato di quella meraviglia. Akiko intervenne, quella donna non si vedeva mai ma al momento opportuno sbucava da uno shoji come per incanto. Le spiegò che il fior di loto simboleggiava la purificazione, nasceva nel fango e si trasformava in pura bellezza. A Clara venne alla mente una canzone di Fabrizio De Andrè:"Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori".                                                                                   «Posso chiederti se hai confidato a Toshiro-sama il tuo passato?» domandò Akiko.                      «Assolutamente no! Quelle cose le ho raccontate a te e soltanto a te, neanche alla luna!»                            «Allora ti ha letto dentro. Te lo avevo detto che è un uomo estremamente intelligente e sensibile»        «Ohayo Clara-san, yoko nemuresamasuka?» e poi subito in inglese «Buongiorno signora Clara, dormito bene?»                                                                                                                                                      «Buongiorno, Toshiro-sama (in inglese) sì grazie»                                                                                                «La prego, niente sama, semplicemente Toshiro…»                                                                                               «… e io semplicemente Clara. Sono onorata che lei tralasci le formalità che appartengono alla vostra cultura. Credo che sia una forma di massima educazione e rispetto verso le persone, cosa che nel mio. mondo si solo per prostrarsi ai piedi dei potenti»                                                                                                                    Toshiro tralasciò di dirle che aveva studiato la cultura occidentale e che aveva vissuto un anno a Roma. «Credo che Akiko abbia preparato la tavola per noi due, se vuole posso chiedere di preparare un tavolino solo per lei»                                                                                                                                                      «Ancora non conosco bene i vostri costumi, forse dovrei veramente tornare al mio tavolo. Mi scuso se sono troppo "occidentale" ma mi fa piacere condividere il tavolo e la sua compagnia».                                        Dopo i convenevoli e gli scambi di cortesia, i due si sedettero scambiandosi le rispettive conoscenze e interessi. Lei intuì che il suo soggiorno a Roma era dovuto ad una relazione che lui aveva avuto con una donna italiana e che, per essere tornato in Giappone, per rifugiarsi in quel luogo, lo avesse colpito nel profondo. Avevano molte affinità in comune, pensò che fosse il suo turno di fare le proprie confidenze. Dal poco che aveva imparato della mentalità giapponese, sapeva che né Akiko né Grazia avevano rivelato quanto sapevano su di lei. Sentì di potersi fidare, di potersi mettere a nudo.                                                              «Non vorrei tediarla con le meschinità di una donnetta occidentale»                                                                  «Glielo chiedo sinceramente, vorrei conoscerla nel profondo. Non credo affatto che lei sia "una donnetta occidentale", anzi credo che sia una donna forte e determinata e ho avuto modo di constatare che conosce molto bene cose della vita e del mondo, denota un alto livello di cultura e quella parte di me che ha vissuto in Europa, so che lo accetterà come complimento se le dico che è molto bella»                                                Clara sentì che le sue guance e le orecchie prendevano fuoco. Avrebbe voluto abbracciarlo all'istante, ma si ricompose e lo ringraziò. Qualcosa era cambiato in lei, non si allontanava da Toshiro come quando le era capitato, per motivi di lavoro, di stare molto vicina fisicamente ad un uomo. Quel senso di repulsione con lui non solo era sparito ma quando, visto il poco spazio, le loro mani si erano sfiorate, avrebbe voluto che lui gliela stringesse e la tenesse nella sua. Decisamente sì! Provava qualcosa per quell'uomo ed era felice che le avesse risvegliato alcuni sensi sopiti. Ripensò a quando si erano ritrovati nella vasca da bagno, aveva intuito che lui avesse avuto un attimo di smarrimento, benché avesse chiuso gli occhi quando lei era entrata, Clara si era accorta che mentre lui la guardava per parlarle, non poteva nascondere cosa le aveva provocato.        "Per quanto abbia voluto mantenersi freddo e distaccato, gli sono piaciuta come donna" questo stava pensando Clara, al punto che non aveva sentito cosa lui le stava chiedendo.                                             «Shazai shimasu, mi ero distratta»                                                                                                                            «Le stavo dicendo che, durante il mio soggiorno a Roma sarei rimasto più a lungo, se non fosse stato per il rumore e le persone che, ad ogni angolo, cercavano di vendermi qualcosa. Tante cose non sono riuscito a vederle, ma qualche volta ho gustato la cucina locale, devo dire che se alcuni sapori mi sembravano molto forti, mi sono piaciuti»                                                                                                                                             «Ne sono onorata e sarei felice di poter farle assaggiare qualcosa della mia cucina, preparato da me, ma non credo si possano trovare gli ingrediente adatti. Sicuramente a Tokyo ci sarà pure qualche ristorante italiano, ma è troppo lontano e non sono sicura di trovare neanche lì le cose giuste»                                              «Quindi lei non è solo una "donna in carriera", come dite voi europei, ma saprebbe anche cucinare? Mi complimento con lei»                                                                                                                                               «Le confesso che se potessi le farei constatare che sono anche una donna che si dedica anche ai fornelli, se trovassi chi lo sapesse apprezzare»                                                                                                                        Per alcuni giorni non si videro, ma i geta di lui era sempre sotto il portico. Clara sapeva che non poteva chiedere, sarebbe stato scortese, ma i calzari sotto il portico pensò che li avesse lasciati Akiko, come per dirle che sarebbe tornato. Nel frattempo cercava di scrivere il suo diario di viaggio ma la mentre tornava a Toshiro, avrebbe voluto sapere mille cose di lui ma non aveva mai osato, per rispettare quella loro cultura che ora avrebbe volentieri trasgredito.                                                                                                             Cinque giorni dopo vide un furgone che percorreva il dialetto del resort, tornò indietro, sperava che fosse tornato anche lui. Si meravigliò di se stessa, non si era mai interessata così intensamente ad un uomo. L'autista del furgone lasciò i pacchi nel portico, fece firmare Akiko e ripartì. Nelle scatole non c'era indicato niente che facesse capire il contenuto. Clara passò una intera settimana domandandosi se mai quell'uomo avesse una vita parallela, lui non le aveva raccontato molto di sé e lei non avrebbe mai osato minimamente chiederglielo. Si meravigliò con se stessa per tutto questo interesse nutrito per un uomo. La verità era che gli piaceva e solo a pensare a lui, le faceva battere forte il cuore. Sorrise al pensiero di quando le sue amiche parlavano delle "farfalle nello stomaco". Lei da quando aveva conosciuto Toshiro aveva ritrovato il piacere per il cibo, di stare a tavola per gustare le pietanze, non solo per mangiare e non era solo per il cibo giapponese anzi, quello ci aveva messo del tempo per apprezzare il crudo, le alghe… ma mangiare in quel contesto le aveva fatto apparire tutto normale.                                                                                              Toshiro era tornato! A Clara, nel vederlo, tremarono le gambe, avrebbe voluto corrergli incontro per abbracciarlo, ma si trattenne.                                                                                                                          «Okaeri, Toshiro-sama»                                                                                                                                        «Ciao Clara» fu la risposta di lui in italiano, ma gli occhi dicevano altro. Salutò Akiko che si inchinò davanti a Toshiro, poi lui si ritirò per rinfrescarsi e riposarsi dal viaggio. Quando tornò era ora di cena, Akiko aveva preparato due tavoli.                                                                                                                                      «Toshiro-sama, non sapevo se avrebbe gradito cenare con Clara-san»                                                              «Se a Clara non dispiace, gradirei che unisse i tavoli»                                                                                        Clara aveva indossato un kimono nuovo e si era fatta raccogliere i capelli alla maniera giapponese, voleva piacere a Toshiro non solo all'occidentale con i capelli sciolti. Appena seduti Toshiro guardò Clara negli occhi. «Credo di conoscere un po' le usanze europee, quindi spero che tu non ti ritenga offesa. Mi sono permesso di portarti questo omaggio»                                                                                                                                       Tirò fuori da una di quelle tasche invisibili del kimono una scatoletta, l'aprì: una catenina con un ciondolo, con incisi degli ideogrammi.                                                                                                                                             «E' il tuo nome in lingua e ideogramma giapponesi. Mi consenti di metterlo al tuo collo?»                            «Hai, domo arigato, mi fa piacere» continuò lei in italiano perché non ricordava le parole in giapponese.      Lui si avvicinò, lei voltò le spalle… quando sentì le sue dita sul collo ebbe un brivido, le venne la pelle d'oca e lui se ne accorse ma non disse niente. Mentre mangiavano, l'onnipresente Grazia, sbucava da uno shoji per riempirle la ciotola di sakè.                                                                                                                                     Sarà stato il sakè caldo che le fece sciogliere la lingua e alcune inibizioni e dire:«Quando sei partito ho pensato che non ti avrei più rivisto poi, quando sono arrivati quei pacchetti, ti confesso che ero talmente incuriosita che non ho resistito e ho chiesto a Grazia, la quale mi ha detto che li avevi spediti tu»                   «E non vorresti sapere di cosa si tratta?»                                                                                                       «Avevo paura di invadere la tua privacy, conoscendo la riservatezza di voi Giapponesi»                          «Forse è ora che io ti dica la verità fino in fondo. Hai detto una cosa giusta: la nostra riservatezza, ma non ti sei accorta che con te non c'è stata? Ho chiesto tante cose di te e di me molte te ne ho confidate. Speravo, anzi no, desideravo che tu mi chiedessi qualcosa di più. Io invece la tua privacy l'ho invasa. So che hai vissuto una brutta storia con il tuo ex e che eri venuta qui, la prima volta, per fuggire da quel periodo nero. come vedi dovrei chiederti scusa, avevo chiesto io ad Akiko di metterci alla stessa tavola, con la scusa che siamo solo noi i suoi ospiti. avevo, e ho, interesse per te. Vuoi sapere delle scatole? Mi avevi detto di cavartela bene in cucina, volevo entrare più in confidenza per chiedertelo. Ci sono prodotti italiani, vorresti cucinare per me?» erano passati 15 minuti da quando lui aveva iniziato a parlare, sembrava ne fossero passati altrettanti prima che lei potesse rispondere, balbettando.                                                                                                    «Ne sarei onorata»                                                                                                                                               Grazia si stava avvicinando per versare da bere, ma lui la fermò, le tolse la bottiglietta dalle mani e versò lui stesso da bere a Clara. Da dietro lo shoji due donne sorridevano soddisfatte, si sentivano autrici principali di una storia d'amore che stava iniziando, quando ancora i protagonisti non sapevano di esserlo. Finirono di cenare, poi senza neanche parlarsi uscirono insieme, si sedettero davanti alla fontana con la cascatella. «Allora, quando possiamo chiedere ad Akiko di poter usare la sua cucina?»                                           «Quando vuoi, solo che dovrai chiederlo tu, hai più ascendente su Akiko»                                                    Clara si fece coraggio:«Lascerò la porta semiaperta, nel caso tu volessi parlarmi»                                        Entrò nella sua stanza, si tolse il kimono e si sdraiò sul tatami lasciando che l'aria fresca le accarezzasse la pelle. Quando cominciò a sentir freddo si coprì ma non riuscì ad addormentarsi, sperava che Toshiro avesse recepito il messaggio, o forse l'aveva giudicata male? Ma il dubbio svanì presto, sentì scorrere lo shoji, lui entrò, si tolse il kimono e restò lì in piedi muto. Agli occhi di Clara apparve una statua, forse perché lei sdraiata e lui in piedi, lo vedeva imponente. Ebbe un sorriso prolungato.                                                           «Ti faccio così ridere?» chiese lui.                                                                                                                         «Oh no, tutt'altro…» ma non ebbe il coraggio di spiegargli il perché di quel sorriso.                                          Le era venuto alla mente quanto si diceva di come erano dotati gli orientali, ma lo aveva nudo davanti e voleva smentire, ma ebbe pudore e fu presa da un desiderio irrefrenabile. Spostò la coperta per fargli posto accanto a lei.                                                                                                                                                                  Il mattino seguente Grazia non andò a svegliare Clara come faceva sempre, sapeva che avrebbe creato imbarazzo, perciò sia lei che Akiko aspettarono quando si sarebbero presentati per la colazione, visto che come avevano abitudine, erano tutti e due mattinieri per vedere sorgere il sole. Quando fu sicuro di non essere visto, Toshiro andò nella propria stanza, dando tempo a lei di raggiungere Grazia per il bagno mattutino.                                                                                                                                                      Trascorsero giorni e i giorni divennero settimane avvolti nella pace, nella tranquillità e dalle braccia l'uno dell'altra, godendo ogni momento trascorso insieme tra quella natura meravigliosa e profumata, appagati dal reciproco desiderio, intenti a conoscersi nel corpo, nella mente e nello spirito: solo la velocità con cui il tempo scorreva era loro nemico, presto ci sarebbe stato un aereo da prendere per Clara. Nel frattempo Toshiro chiese ad Akiko di poter usare la cucina, almeno fino a quando non fossero giunti altri ospiti ma quando lui le chiese se poteva utilizzare il resort per organizzare corsi di italiano, sempre che Clara fosse disposta ad accettare la sua proposta, Akiko fu ben felice di accettare la proposta. Lui le assicurò che tutte le spese le avrebbe sostenute lui stesso, in quanto questi studenti non erano altro che i suoi dipendenti. Era proprietario di diversi alberghi e grattacieli a Tokyo, aveva notato che, fra i suoi clienti, molti erano turisti italiani e che spesso avevano difficoltà a comunicare in inglese. Sarebbe stato un successo se, in ogni hotel alla reception ci fosse stato un impiegato che parlasse italiano. Akiko non solo ne fu contenta dal punto di vista economico, ma si sentiva co-protagonista di una storia d'amore che stava crescendo sotto i suoi occhi, ed era veramente una bella storia, neanche in un film si poteva immaginare. Due mondi, due culture diverse che si univano in una sola voce. Quando Clara iniziò a preparare la cucina italiana pensò per educazione di invitare anche Akiko e Grazia ad assaggiare il suo menù, credendo che, educatamente come era loro costume, avrebbero declinato l'invito, invece accettarono di buon grado, così si ritrovarono a tavola in quattro, ma Toshiro non era affatto disturbato da quelle presenze, anzi era felice di vedere Clara raggiante, sembrava di trovarsi in famiglia, come lei gli aveva raccontato. Negli ultimi decenni in Italia, la crescita era zero ma, appena finita la guerra ogni famiglia era composta da 3,4, anche 5 figli e nelle case contadine si assisteva anche a dieci figli. Era un bel convivio, tutti erano curiosi di conoscere cose di quel mondo così lontano da loro. Clara era orgogliosa di raccontare le bellezze d'Italia, ma non tralasciò di raccontare le pagine nere e che per quale motivo si era rifugiata in quel mondo. Akiko dovette faticare non poco, in quanto doveva tradurre a Grazia quanto sentiva, perché la domestica non conosceva l'inglese. Poi Akiko commise una gaffe veniale.          «Quando inizieranno i corsi? Come devo allestire la stanza?»                                                                    Parlavano in giapponese e molto velocemente, Clara si sentì esclusa e volle sapere a cosa si stessere riferendo.                                                                                                                                                                «Devi scusarmi, non ne ho avuto il tempo. Avrei dovuto parlartene prima e soprattutto chiederti se avresti accettato. Andiamo in giardino e te ne parlerò precisamente»                                                                        Akiko con occhi sgranati seguiva sia lui che Clara. Quando Toshiro le disse che ancora non ne aveva parlato con Clara, Akiko si prodigò in mille scuse, inchinandosi più e più volte ripetendo sempre: gomen nasai! Si alzarono da tavola, Akiko rimase china fin quando loro furono fuori nel portico.                                      «Quanto tu mi hai raccontato che il mese prossimo saresti partita, credevo tu volessi tornare nella tua terra, ma Akiko mi ha confidato che lo avresti fatto solo per motivi economici. Io tengo molto a te, avrei voluto chiederti di restare con me, ma avevo paura di essere frainteso. Non volevo tu pensassi che volessi una concubina. Devi sapere che sono proprietario di molti hotel e grattacieli, avevo pensato ad un modo per farti restare qui, senza credere che volessi comprarti. Nei miei hotel di Tokio arrivano molti turisti italiani che, a volte, hanno difficoltà con l'inglese. Sono sicuro che se ogni receptionist si rivolgesse loro in italiano, ci guadagnerebbe molto la mia azienda, ma soprattutto io non perderei te. E faremmo un grande favore ad Akiko, come hai notato gli unici ospiti del resort siamo noi due, tra un po' sarà costretta a chiudere. La mia proposta farebbe sì che le lezioni di italiano si svolgessero qui, soggiorno e spese dei pasti sarebbero tutte a carico mio. Il mio è un investimento a lungo termine in senso economico, ma soprattutto ero convinto che tu avresti accettato. Credevo che tra noi stesse nascendo qualcosa»                                                                  Clara restò senza parole per alcuni interminabili minuti, radunò le idee riflettendo su quanto le aveva detto Toshiro, poi si fece coraggio.                                                                                                                              «Devo dirti tutto, anche se quanto sentirai ti farà cambiare opinione su di me e i tuoi progetti. Voglio tornare in Italia non solo per una questione economica, l'avrei risolta facilmente con un lavoro che mi era stato offerto prima di venire qui. La vera ragione è un'altra… sono incinta!» prima che Toshiro si riprendesse dallo stupore continuò «Negli anni che sono stata sposata, ho sempre preso la pillola, non volevo avere figli da un alcoolizzato che mi prendeva con la forza. Da quando sono fuggita da Otto, non ho più voluto uomini nella mia vita, poi sei arrivato tu. Quella notte ti volevo anche io, mi sono abbandonata a te senza pensare che non prendevo più la pillola. Sarei tornata in Italia, avrei affrontato tutto quanto senza coinvolgerti, non mi sembrava giusto, anche perché ora ho 40 anni e una gravidanza a questa età ha bisogno di continui controlli, oppure dato che sono al secondo mese, a malincuore, potrei rinunciare a questa gioia inaspettata»            Aveva smesso di parlare ma le lacrime le impedivano di vedere chiaramente la faccia di lui. Sentì solo le sue dita che le sfioravano le guance.                                                                                                                               «E se insieme affrontassimo questa avventura che la vita ci ha riservato? I tuoi pensieri negativi diverrebbero fonte di felicità per tante persone. Prima di tutto tu non dovresti sacrificare una vita che sta per nascere e che in futuro te ne sarà grata perché, da grande, resterà al timone di un impero, io non figli né eredi. Akiko avrà il suo resort, i miei dipendenti avranno un motivo in più per lavorare per me. Io sarò l'uomo più felice della terra perché ci sarai tu, d'ora in poi accanto a me. Ora sai tutto di me, tranne che abbiamo una cosa in comune: siamo fuggiti da un mondo che non ci piaceva, ci siamo rifugiati qui, ci siamo incontrati. Io non volevo più sciacalli e avvoltoi che mi girassero intorno, tu che fuggivi dal terrore di vivere sola in un mondo a cui non sentivi di appartenere. Dovevamo incontrarci qui, su quest'isola. Se lo vuoi, faremo costruire qui la nostra casa, con una cucina all'europea, per quando avrai nostalgia dei tuoi cibi. Uniremo le nostre due culture e ne formeremo una nuova. Pensi di poterlo accettare?»                                                                       Non disse una parola, gli buttò le braccia al collo e lasciò che lui l'avvolgesse con le sue. Da lontano, dietro uno shoji, due donne si asciugavano il volto con le maniche dei kimono, gesto poco ortodosso ma nessuno poteva vederle.