LA CONFESSIONE di Luigi Lucaioli

26.01.2023

LA CONFESSIONE

Provo a raccontare una storia vera, cercando di addolcirla con attenuanti del tipo errori di gioventù, incoscienza ma la verità vera è che mi sono comportato come un pezzo di m...a.

Veniamo ai fatti. Avevo 16 anni, in piena tempesta ormonale e con l'egoismo e il cinismo che si ha a quell'età; noi "maschietti" gareggiavamo a chi conquistava più ragazze. Mi sentivo bello e, in un certo qual modo, piacevo alle ragazze, mai avrei immaginato che di lì a poco mi sarei innamorato. Che strano, si dice che il primo amore non si scorda mai, sarà inteso come un piacevole ricordo che ti farà compagnia nell'arco della vita? Forse sì, ma per me è solo un dolce-amaro ricordo pieno di rimorso, per non essere stato capace di chiedere perdono quando era il momento di farlo.

Lei, Marida, la chiamerò così, non era la classica "bella ragazza, bbòna", tutt'altro: magrissima, sembrava passata sotto la pialla di San Giuseppe, eppure aveva qualcosa che mi aveva attratto al punto di voler passare il mio tempo libero solo con lei. Abbiamo cominciato a considerarci due "fidanzatini", avevamo 16 anni nel 1966, i suoi genitori si erano affezionati a me. Eppure, malgrado ciò, la mia immaturità (non lo dico come giustificazione) mi ha portato a fare del male a chi mi aveva accolto a braccia aperte. Lei già lavorava come apprendista mentre io, scapestrato, lo facevo saltuariamente anzi, durante l'estate abbinavo il lavoro al piacere, passandola a fare il "bagnino" in uno stabilimento balneare.

Fu lì che commisi il mio "peccato di gioventù". Negli anni '60 nei locali pubblici non poteva mancare il juke box e nello stabilimento balneare dove lavoravo, sotto una piattaforma, si ballava: bastava mettere la moneta e scegliere la canzone preferita.

Stavo ballando il classico lento "della mattonella", io in slip da bagno e lei, che non era la mia fidanzatina, era in bikini. Quel giorno Marida era rimasta a casa perché non si sentiva bene così, per evitare che io passassi a prenderla sul lavoro, mandò la madre ad avvertirmi. Il tragitto da casa loro allo stabilimento era breve e la mamma, in bici, esaudì la richiesta della figlia. Lascio a voi immaginare la scena: io avvinghiato come una piovra alla ragazza in bikini e la mamma di Marida che vendendomi si mise a urlare il mio nome "Luigi!!!!" e se ne andò senza dire altro. Io meschinamente mi rivolsi alla ragazza scusandomi con un "mia madre".

Alla sera, finito il mio lavoro si liberava la spiaggia da sdraio e ombrelloni e si ripuliva l'arenile fino alle 21.00. Era un orario che mi avrebbe permesso benissimo di recarmi a casa di Marida per chiedere perdono per la gran "coglioneria" che avevo commesso ma, per paura di essere preso a botte dal suo papà, vigliaccamente non ne feci nulla. Quel che è peggio è che aggravai ancora di più la situazione quando suo padre, per il bene della figlia che stava soffrendo per colpa mia, venne a chiedermi di passare da casa per un chiarimento, cosa che non feci, senza rendermi conto che quell'uomo si era umiliato davanti a me, piccolo bastardo insensibile, codardo che non ebbe il coraggio di affrontare le proprie responsabilità.

Dopo qualche mese ci fu l'alluvione di Firenze e, insieme ad altri ragazzi, approfittammo di quel brutto evento per fuggire dalla nostra realtà cercando di far qualcosa di utile e di bello, almeno una volta (almeno per me).

Tornato da quella "avventura" qualcosa in me era cambiato, al punto da allontanarmi e isolarmi dalla solita compagnia. Avevo ancora in mente quanto mi era accaduto con Marida, anzi ne ero ancor più consapevole, sapevo che dovevo affrontare questo rimorso che mi pesava sempre più.

Conobbi T., lei aveva 21 anni, 4 più di me. Mi aveva notato visto il mio comportamento schivo. Non andavo più, quando mi chiamavano, sotto la piattaforma, nella "sala da ballo", restavo da solo a leggere, isolandomi da tutti. Si avvicinò a me, si era incuriosita al punto da venire a chiedermi i motivi di quel mio modo di fare. Rimasi colpito prima di tutto perché era una bellissima ragazza, ma anche perché mi aveva stupito il fatto che si interessasse a me e non sapevo ancora quanto avrebbe influito sulla mia vita futura, ma questa è un'altra storia che forse un giorno racconterò. Quando le raccontai ciò che mi tormentava mi disse che, per il fatto che fossi consapevole del male fatto, avevo compiuto un passo avanti, ero pronto ad affrontare il mio "mostro".

Non so se essere più grato per i mesi vissuti con T. o per quanto mi avesse aiutato a maturare e diventare uomo. Poi gli eventi, la vita, il lavoro ecc... tutti fattori indipendenti dalla mia volontà, mi hanno allontanato sempre più da quanto mi ero ripromesso di fare.

A distanza di anni, ne avevo già 46, ero stato sposato, ora libero di tutto il mio passato, andai a cercarla. Avevo chiesto di lei, sapevo dove viveva e cosa faceva, volevo liberarmi di quel peso greve come un macigno. Quando mi presentai a lei, non mi fece neanche parlare, si allontanò da me negandomi la possibilità di chiederle perdono. Capii che non mi aveva e non m i avrebbe mai perdonato.

Non ho più cercato di contattarla, ma ancora oggi pesa sulla mia coscienza questo rimorso. Lo scrivo qui, chiedendole mille volte perdono, anche se probabilmente mai leggerà questa mia confessione. Non è per liberarmi la coscienza, il male fatto rimane, ma io continuerò a chiedere perdono finché vivrò.

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