LA CACCIATRICE di Stefania Bocchetta

16.10.2020

La cacciatrice

Un bagno caldo era tutto ciò di cui aveva bisogno: profumato, con abbondante schiuma, rilassante. Si immerse nel liquido tepore e tutto il corpo si distese, i nervi si sciolsero e lei si lasciò inebriare dal profumo dei sali e delle essenze esotiche che vi aveva sciolto.
20! Era arrivata a 20! Un bel numero, cifra tonda, le piacevano le cifre tonde!
Non era nemmeno stato poi tanto faticoso raggiungerla, anzi pure divertente e nessuno sospettava di lei e come avrebbero potuto?!
L'insignificante impiegata di una grossa azienda che l'aveva relegata nell'archivio nel seminterrato, dove raramente entrava qualcuno se non per consegnare altri ordini o pratiche da archiviare, faldoni e faldoni che lei teneva in ordine perfetto, insieme ad un collega che poco più la considerava una donna. Gli occhiali spessi, i capelli raccolti sempre all'indietro di un anonimo color castano, le scarpe basse e i tailleur dai colori scuri che la invecchiavano di almeno 10 anni: no, non aveva proprio l'aspetto di una donna attraente! 
Ma gli occhiali si possono sostituire con lenti a contatto colorate e con un po' di trucco gli occhi potevano diventare favolosamente azzurri, verdi, neri magnificamente espressivi ed ammiccanti; i tailleur si potevano sostituire con tubini che risaltavano le forme e le scarpe basse potevano lasciare il posto ad un tacco 12 che le slanciava le gambe perfette, inguainate in velatissimi collant o auto reggenti invece che nelle spesse calze che ingrossavano le caviglie. 
Tutto questo però non era alla portata dello sguardo di tutti, questa versione di se stessa si rivelava solo di notte e non tutte le notti: in quelle occasioni il suo secondo io lasciava a casa l'anonima impiegata d'archivio e diventata una sexy ammaliatrice di uomini, ma non tutti destavano il suo interesse.
Li approcciava nei locali notturni superaffollati dove era più facile confondersi tra i clienti, anche per una strafiga e poi anche se l'avessero notata uscire con qualcuno, chi poteva associarla all'insignificante e goffa archivista? Nessuno. 
Tutto era iniziato quando aveva scoperto che il ragazzo, di cui si era innamorata e che turbava ogni notte i suoi sonni, che aveva creduto inarrivabile perché felicemente sposato, in realtà tradiva la moglie con tutte le colleghe d'ufficio. Sì, lui era un collega ma uno di quelli in carriera, con l'ufficio ai piani alti, che quando la incontrava nemmeno si accorgeva della sua presenza però questo era l'atteggiamento di tutti gli uomini nei suoi confronti e quindi non faceva differenza. Ciò che invece differiva e di cui era convinta, era che fosse un uomo fedele ed innamorato, in quanto tale intoccabile, un vero Dio ed invece ....
Proprio il fatto che nessuno la considerava, le aveva permesso di scoprire la verità.
Era seduta appartata e da sola ad un tavolo della mensa, vicino alla porta finestra del terrazzo aperta. I due uomini fumavano chiacchierando e ridendo, il tono di voce confidenziale e basso ma, non abbastanza perché lei non potesse udirli. Fu così che scoprì i tradimenti che il suo idolo perpetrava alle spalle della moglie ignara, i commenti sulle sue prodezze con le varie colleghe d'ufficio, i voti attribuiti, nonché i soprannomi erotici con le quali le aveva catalogate. Risatine e commenti piccanti seguivano ogni nome, poi la videro e senza sospettare minimamente che lei avesse udito tutto, si produssero in commenti decisamente offensivi su di lei e sul fatto che, come donna, non era nemmeno qualificabile!
Quella sera il suo "io" notturno aveva fatto per la prima volta la sua apparizione, solo per conoscersi, la dea della notte e l'archivista anonima, ma presto la prima avrebbe prepotentemente preso il sopravvento.
Erano occorsi alcuni mesi per preparare il necessario. Dalle parrucche alle lenti a contatto, gli abiti sexy e le scarpe dai tacchi vertiginosi, dagli accessori eleganti da abbinare, ai luoghi da utilizzare per il suo fine: la caccia! Quella notte la "cacciatrice" aveva fatto la sua prima apparizione e la sua prima vittima.
Si era appostata nel locale dove lui di solito, si fermava tutti i giovedì per abbordare l'amante di una notte, se non aveva qualche collega a portata di mano, perché quello era il giorno in cui la moglie si recava dai suoi genitori e vi passava la notte. L'aveva visto entrare ed aveva osservato ogni suo gesto, quel guardarsi intorno come per individuare la preda, senza sapere che quella sera si giocava a ruoli invertiti. Si era avvicinato al banco ed aveva ordinato da bere e poi l'aveva vista! Lei non aveva distolto lo sguardo e quello di lui era diventato più insistente; lui aveva sorriso e lei aveva contraccambiato, con quelle labbra rosso fuoco che risaltavano il candore dei denti. Si era avvicinato e le aveva chiesto se poteva offrirle da bere e lei aveva accettato. Lui non l'aveva riconosciuta, il travestimento aveva funzionato alla perfezione. Si erano presentati, si erano fatti i complimenti a vicenda e poi lei gli aveva chiesto se era single: lui aveva risposto di sì. L'aveva invitata a proseguire la conversazione in un posticino più tranquillo, più intimo e lei aveva acconsentito. Erano saliti sull'auto di lui, un bel suv e si erano diretti verso un albergo molto carino, diceva lui ma, dopo pochi metri ad un semaforo rosso, lei aveva allungato le mani sulla coscia di lui, un tocco che l'aveva mandato in estasi. Allora lei l'aveva invitato a fermarsi a lato della strada, tanto per riscuotere un assaggio di ciò che lo attendeva e per comodità gli aveva suggerito di passare sui sedili posteriori. Appena seduti dietro, si erano subito avvinghiati per un bacio stratosferico ma di colpo, una scarica si era abbattuta su di lui e l'aveva immobilizzato, stordito, confuso. Sul volto di lei era apparso un sorriso crudelmente soddisfatto e con un fazzoletto imbevuto di cloroformio lo aveva addormentato. Lo aveva portato in aperta campagna, dove aveva individuato un capanno abbandonato, lì si era cambiata i vestiti indossando un paio di pantaloni, un maglione e un giubbetto tutto completamento di colore nero. Ai piedi gli anfibi avevano preso il posto del tacco 12 e un fucile da caccia, appartenuto a suo padre, era apparso fra le sue mani guantate, così da non lasciare impronte.
Con una robusta corda aveva legato mani e piedi della sua vittima ed un paio di coltelli serramanico erano finiti nelle ampie tasche del giubbotto.
Aveva guidato per un'altra mezzora nell'oscurità della notte, per i pendii delle colline vicine, fino ad un bosco fitto ed inquietante, luoghi che conosceva dall'infanzia quando seguiva i suoi genitori in cerca di castagne e funghi.
Aveva tirato fuori dall'auto la sua "preda", con una certa fatica ma non era stato poi tanto difficile. L'aveva trascinato fino ad un castagno bello e robusto, l'aveva spogliato e legato completamente nudo all'albero stesso, con la schiena appoggiata al tronco.
Sì esattamente come avrebbe poi fatto con gli altri 19 che erano seguiti! Era stato divertente osservare la sua espressione spaesata, confusa trasformarsi prima in arroganza minacciando terribili ripercussioni se solo fosse riuscito a liberarsi, sì certo, come no! Poi era passato all'accondiscendenza, alla conciliazione, al non dirò nulla se mi lasci andare e lei aveva riso ancora di più. Alla fine le suppliche di lasciarlo libero, perché non aveva fatto nulla di male, perché ce l'aveva con lui? Nemmeno si conoscevano!
- Ora ti spiego cosa faremo! - gli aveva detto - Volevi giocare con me e ti accontento ma le regole le faccio io! -
Lui aveva forse sperato di cavarsela? Chi poteva dirlo? comunque la sua speranza non era durata molto.
- Io ti slegherò e tu dovrai scappare per non farti prendere, perché se ti prendo io ti uccido. Devi correre per salvarti la vita. Tu sei la preda ed io la cacciatrice però sono buona e ti lascio 3 minuti di vantaggio prima che inizi la caccia! -
Lui ora era proprio terrorizzato oltre che incredulo.
- Ma perché mi fai questo? Cosa ti ho fatto? Non mi conosci nemmeno! -      
- Perché sei un bastardo che tradisce la moglie con tutte le gonnelle che gli passano a tiro. Anzi non con tutte, con l'archivista non ci andresti mai, vero?-
- L'archivista?! -
- Sì, proprio lei. Pensa come sei fortunato! Sei la mia prima preda e l'unica che saprà chi sono! -
Adesso era proprio sconvolto da quella rivelazione e con un certo sforzo la riconobbe.
- Senti, io non volevo offenderti, davvero! E guarda, la lezione che mi stai dando è servita, te lo garantisco: non tradirò mai più mia moglie, lo giuro! -
- Troppo tardi! Sta per iniziare la caccia! - sorrise lei.
Si era avvicinata con il coltello in mano, aveva tagliato le corde che legavano mani e piedi, magari non badando troppo a non ferirlo.
- Alzati e inizia a correre! Hai solo 3 minuti di vantaggio! La notte è buia e il bosco ancora di più ma io ti troverò! - gli aveva promesso.
L'aveva pregata di dargli qualcosa da mettersi addosso, per non ferirsi ma lei gli aveva semplicemente ricordato che il tempo passava e a lui non era rimasto che correre via, sparire nel fitto della vegetazione, inghiottito dal buio.
Lei era stata di parola, aveva atteso i 3 minuti, sempre con tutte le sue prede. Poi aveva tirato fuori da una tasca una torcia ed aveva iniziato a seguire le tracce lasciate sul terreno: i rami spezzati, le foglie calpestate, le tracce di sangue delle ferite che lei gli aveva appositamente inferto mentre li liberava e quelle procurate dalla fuga. 
Li seguiva rapida e silenziosa, la torcia tenuta bassa sul terreno fino a quando udiva i loro passi, il respiro reso affannoso dalla corsa, dal terrore e poi i rami che si spezzavano al loro passaggio. Il problema era che la caccia non durava mai molto, massimo due ore ma era raro, specialmente se la notte era illuminata dalla luna e qualche raggio riusciva a penetrare nel fitto del sottobosco. Non si era salvato proprio nessuno: 20 su 20! 
Li trovava, loro la supplicavano terrorizzati, alcuni si coprivano il volto con le mani per non vedere quel fucile puntato contro, altri si rannicchiavano su se stessi come feti nel ventre della madre. Nessuna parola, gesto od altro l'aveva mai fatta tentennare sull'ultimo atto della caccia: prendeva la mira e sparava! Il corpo rotolava a terra. Lei si accertava che fosse morto.
Poi tutte le volte tornava all'auto della sua preda, puliva ogni centimetro per togliere tutte le impronte e tornava al parcheggio del locale dove aveva abbordato la sua vittima.
In qualche strada laterale, dove non poteva dare adito a sospetti, c'era sempre la sua auto e con quella tornava a casa, entrava direttamente in garage dove si spogliava dei suoi vestiti da cacciatrice e indossava di nuovo quelli dell'anonima archivista ... fino alla prossima caccia!