IL FILTRO GIALLO - capitolo 1 - di Stefania Bocchetta

16.11.2021

IL FILTRO GIALLO - capitolo 1

"Ho ucciso un uomo! Questo stanno dicendo, che ho ucciso un uomo!" pensava la ragazza seduta rigida e severa sulla scomoda panca di legno scuro.

Qualcuno stava parlando. Chi era? Il suo avvocato? Quello dell'accusa o il Pubblico Ministero? Di certo non era sua madre, seduta nelle prime file, fra il pubblico, e come avrebbe potuto? Non aveva parlato per anni, quando invece avrebbe dovuto, perché avrebbe dovuto farlo ora? Scialba donna dalla vita insignificante. Il suo avvocato doveva averla accompagnata dal parrucchiere e a comprarsi un vestito nuovo per darle un aspetto dignitoso, quello di una buona madre di famiglia! Bastasse un vestito per cancellare tutti quegli anni!

"Ho ucciso un uomo! No, non un uomo ma una bestia! Ho reso il mondo migliore e più pulito!" gliel'aveva detto anche il suo avvocato.

Lei non ci aveva mai pensato. Non aveva mai considerato quanto accaduto da questo punto di vista. Tutti l'avevano sempre fatta sentire in colpa, sia prima che dopo, come se tutto quello che era accaduto, lo avesse voluto lei. Anche sua madre la pensava così e negava anche l'evidenza con forza e determinazione, con un'ostinazione tale che la discesa verso l'abisso era diventata inevitabile. Solo questione di tempo, ma inevitabile.

Da quando erano iniziate le udienze, lei non l'aveva mai guardata in faccia mentre la figlia, sempre immobile nel posto assegnatole, l'aveva fissata per giorni interi, ma l'altra l'aveva ignorata, il volto contratto in una smorfia di dolore sbagliato: non per la figlia stava soffrendo ma per il "mostro".

Presto avrebbero chiamato entrambe a deporre ed allora cosa sarebbe accaduto? Cosa si sarebbero dette e come avrebbero reagito? Erano gli unici argomenti che spaventavano la ragazza. Non temeva il momento della sentenza, o l'interrogatorio, né il giudice, solo ciò che sua madre avrebbe detto o fatto: temeva la sua condanna ma non era pentita.

"La giustizia umana ha posto termine all'orrore, laddove quella delle Leggi è stata incapace di porre la parola fine alla tragedia, laddove quella divina ora farà sicuramente il suo corso, assolvendo con formula piena la giovane imputata che tale atto ha dovuto compiere, a causa dell'indifferenza degli adulti che avrebbero dovuto proteggerla!" Così aveva detto il suo avvocato.

Era seduto di fronte a lei. Consultava degli appunti ed ogni tanto scriveva qualcosa mentre la sua collega stava ponendo alcune domande al medico legale.

Era un giovane avvocato, figlio di una vecchia amica di famiglia, dell'altra famiglia, di quella che avevano avuto in un tempo felice. La donna aveva letto sui giornali quanto era accaduto ed i ricordi l'avevano assalita, riportandole alla mente i volti sorridenti, solari ed innocenti di due bambine sempre allegre, abbracciate e coccolate da un padre innamorato delle sue creature. Quel tempo però era finito in modo tragico, aveva visto la gioia spegnersi in quei visini infantili, due cuccioli smarriti in un mondo di adulti che sembrava averle dimenticate.

Nel leggere i particolari sui giornali, la donna aveva provato lo stesso senso di tenerezza verso quella giovane, vittima della brutalità e, mentre la cronaca o le chiacchiere della gente si chiedevano quanto la ragazza fosse vittima o carnefice, l'ex vicina di casa rivedeva in quel giovane volto, lo stesso smarrimento che aveva conosciuto nella bambina di tanti anni prima. Non aveva dubbi suoi ruoli dei protagonisti di quella tragedia, perciò aveva mostrato al figlio il giornale, gli aveva parlato di quelle bambine che anche lui ricordava e gli aveva chiesto di difenderla. Suo figlio era istintivo forse anche più della madre stessa.

- La incontrerò e, se mi convincerà, la difenderò - sua madre non aveva avuto alcun dubbio, quello che non aveva immaginato era quanto la loro vita sarebbe cambiata.