ERNESTO: III° CAPITOLO di Luigi Lucaioli
CAPITOLO 3
Non è che mi avesse infuso più fiducia, ma non potevo fare altro che seguire i suoi consigli e forse un po' mi avrebbe aiutato nello svolgere mansioni che, non sapevo neanche io se avessi mai fatto, non conoscendo niente del mio passato. Con un'altra ospite dovevamo passare l'aspirapolvere per tutti i locali. La mia compagna mi spiegava che era una macchina aspiratrice-lucidatrice, non valse che cercassi di dirle che l'avevo vista in funzione all'ospedale. Forse per lei amnesia significava perdere la memoria ogni giorno, invece io ricordavo più che bene, anzi!... mi ritrovavo spesso a ripercorrere gli ultimi due giorni, mentre la tizia (non ricordo il nome che mi aveva detto ma non le avevo prestato troppa attenzione) mi parlava incessantemente: ripensare agli ultimi giorni era un modo per sfuggire a quel fiume di parole. E questo, malgrado i consigli del dottore, mi portava a riflettere, a pensare intensamente: come mai erano tutti gentili e premurosi, e le donne in maniera particolare? Trasmettevo simpatia o era solo per il ruolo che ricoprivano? Ma, soprattutto, anche prima di perdere la memoria, ero in quello stato di grazia da parte dei miei simili? Ma basta, mi impongo di ascoltare la storia infinita di Natasha, ecco, era questo il suo nome, me lo stava ripetendo e puntualizzando che glielo avevano dato i suoi genitori adottivi, specificando e rimarcando con l'acca, perché loro erano dei veri "compagni" e vollero quel nome perché "sovietico". Ma lei odiava i suoi genitori adottivi, prima di tutto perché non le volevano mai dire dove e come era stata adottata. Ma provava ancor più rabbia, perché erano sempre più impegnati in manifestazioni, scioperi, cortei, riunioni di partito, volantinaggio e quant'altro tanto che lei in pratica era sempre vissuta da sola, sia in casa che a scuola, non aveva amici, perché era additata come figlia di "mangiabambini". Così appena compiuti i 18 anni, se n'era andata di casa, ma si era trovata ad affrontare cose più grandi di lei. Sola, donna inesperta, desiderosa di essere amata al punto di finire sempre in braccia sbagliate fino al punto di venire assegnata a questa casa famiglia.
<<Ma questo te lo racconterò un'altra volta>>
Me ne andai verso la mia camera per cambiarmi (avevo una tuta da lavoro! Mi sarebbe piaciuto sapere che lavoro avessi fatto prima o se mai lo avessi avuto), sollevato al pensiero di essere riuscito ad interrompere quel bombardamento di parole, ma anche un po' incuriosito di conoscere fino in fondo la sua storia. Mi resi conto che in questa casa-famiglia eravamo tutti sulla stessa barca. Problemi di famiglia, droga, di carcere... ma tutti con un unico obiettivo: ricrearsi una identità, una nuova vita, un lavoro... insomma una dignità per tornare nel mondo dei "vivi". Ne parlai con Claudio (il dottor Martini volle che lo chiamassi per nome, come si usava con tutti), il mattino dopo, durante il solito colloquio, quando mi chiese cosa ne pensassi di Natasha. Le raccontai del dialogo, anzi no, del monologo che avevo sentito sulla sua vita. Per questo mi erano venute in mente tutte quelle considerazioni.
<<Beh, come Natasha, qui tutti, chi più chi meno, hanno storie dolorose alle spalle. Una di loro era stata trascinata alla prostituzione facendola diventare una tossica. Un'altra aveva una bella vita, un'attività redditizia, ha trovato un uomo che le ha prosciugato tutto lasciandola senza soldi, con i debiti che non sono bastate la villa e una seconda casa per ripagarli, facendola quasi impazzire. Ma per il resto, loro stesse, se ne avranno voglia, te ne parleranno. E come hai già visto, oltre a te, ci sono altri due uomini, in questa struttura. Abbiamo iniziato due anni fa, prima era solo per donne ma abbiamo visto che è un buon metodo per farli reinserire nella società. Quindi il soggiorno qui è per tutti relativo a come si svolgeranno gli eventi. Come per te, può darsi che domani riacquisti la memoria o qualcuno venga a reclamarti e ci lascerai. Il consiglio che ti do è di non legarti troppo, perché potrebbe essere doloroso il distacco da entrambe le parti>>
Non ho mai saputo, ne ho voluto chiederglielo, se quel discorsetto era in generale, almeno in gran parte, o se c'entrasse qualcosa che lui aveva sentito, visto che eravamo tutti uniti come una famiglia. Già... una famiglia, chissà se io l'avevo? Ecco, che ripiombavo sempre sullo stesso pensiero. Dovevo fare veramente come mi diceva Claudio. Mi aveva letto nel pensiero? O forse Anna gli aveva detto di noi e per questo non riuscivo a trovarla? Sentivo la sua mancanza, la desideravo ma non avevo il coraggio di chiedere a nessuno dove fosse. Mi imposi di aspettare di rivederla. Svolsi le mansioni che mi erano state assegnate con la speranza di vederla apparire per qualche corridoio o qualche stanza, ma di lei non c'era traccia. Dopo cena andai nella biblioteca, cercai qualche libro da leggere. Ne presi tre, scrissi sul registro i titoli e il mio nome: Ernesto. Scorsi i titoli, la prefazione, la trama: due mi sembravano di conoscerli (ma allora li aveva già letti! L'indomani ne avrei parlato con Claudio, forse era un inizio di recupero). Il terzo titolo "50 sfumature di grigio". Pensai subito che più che grigio, nella mia testa c'era solo nebbia! Mi ripromisi di dire anche questo mio pensiero a Claudio. Cominciai a leggere il libro....
<<Toc... toc...>> ero ancora vestito, perciò risposi:<<Avanti>>. Era Anna. Furtivamente entrò e richiuse subito la porta. Ebbi un tuffo al cuore!
<<Devo dirti una cosa, poi potrai mandarmi via. So che non dovremmo aveva una relazione, ma mi era sembrato che anche tu sentissi qualcosa per me, che va oltre il desiderio fisico, che comunque fino ad oggi non avevo mai provato Con te non mi sono sentita "presa" ma ho fatto l'amore e con te ho raggiunto l'orgasmo, erano anni che non provavo queste cose. Sono sempre stata posseduta come una bestia e, quando il mio ex marito voleva farmi prendere dai suoi amici, mi sono ribellata e sono fuggita. Non ti chiedo niente, né oggi, né impegni per il futuro. So che da un giorno all'altro te ne andrai, magari da qualche parte avrai una moglie, dei figli... ci saluteremo come due vecchi amici. Ma ora amami come hai saputo amarmi l'altra notte>>
Rimase immobile, aspettando una mia risposta, che non venne: ero stato colpito dalle sue parole, non le dissi neanche che l'avevo desiderata e cercata. Mi avvicinai a lei e la strinse forte. Restammo così, abbracciati per non so quanto tempo. Presi il piumone e lo gettai là, dove lo aveva messo lei la prima volta.
<<Vieni, raccontami di te, di me sai già e sì, se sarà ci saluteremo come due vecchi amici. Ma adesso siamo soli noi qui e tutto il mondo è fuori>>
Non volle tralasciare niente, mi raccontò la sua vita, anche le cose più dolorose e le facevano salire un groppo in gola. Si stava facendo giorno e io avevo una spalla anchilosata, per tutto il tempo avevo avuto il braccio intorno a lei (era leggermente più alta di me). Lei aveva il sedere indolenzito, un bel sedere devo dire, che le accarezzai mentre si alzava. È stato l'unico momento che ho scambiato con lei che avesse un pizzico di malizia. Non abbiamo fatto l'amore ma avevamo passato una notte abbracciati teneramente, ci fece sentire appagati. Si era instaurato tra noi un rapporto che non so spiegare come fosse avvenuto.
<<Dobbiamo andare, abbiamo dei compiti da svolgere, ma prima cambiati, altrimenti noteranno che indossi gli stessi vestiti di ieri. Vedo che hai un discreto guardaroba, sono stati tutti molto generosi con te, specie Natasha...>>
Lo disse rimarcando quel nome e, prima che potessi replicare, mi diede un bacio sorridendo ed uscì. Mi detti una rinfrescata, mi cambiai ed uscii anch'io, guardingo come fossi un ladro ma non era la paura di essere scoperto, sentivo solo che era qualcosa che apparteneva a me e temevo che una volta ritrovata la mia identità, l'avrei perso. E nel corridoio incontrai proprio Natasha! Sorridendo mi venne incontro dandomi un bacio sulla guancia.