ERNESTO: CAPITOLO XX° di Luigi Lucaioli

23.04.2023

CAPITOLO 20

Gironzolai per guardare tutti quei preparativi cercando di allentare l'agitazione che mi stava togliendo il respiro, fin quando mi resi conto che ero rimasto solo. Erano andati tutti a prepararsi e Gina, battendo le mani, mi sollecitò ad andare a vestirmi, era ora! Quando uscii dalla stanza, trovai Michele e Romolo (venuto apposta per me, con sua moglie) davanti alla porta. Mi venne da ridere, pensai ad un film visto in TV, qualche mese prima, dove il prigioniero veniva scortato da due guardie. In realtà, uno mi sistemò la cravatta, mentre l'altro mi metteva un fiore all'occhiello. Avevo la mia scorta personale. Oltre l'evento eccezionale della giornata, altre cose mi sorpresero: il Segretario Comunale, venendomi incontro, nel farmi gli auguri, mi disse che molti cittadini si erano radunati, parcheggiando le auto lungo la strada, perché volevano salutarmi. Ero diventato famoso per la mia amnesia e poi perché ero "uno di loro", come mi definivano, saputo che ero di quei luoghi. Dovemmo fare una variante sul tema, per permettere loro di scambiare due parole con me. Rimasi colpito di quel calore, di quell'affetto che mi stavano dimostrando. Da estraneo che ero, io stesso mi ero isolato senza socializzare con i cittadini. Abituato per tanto tempo alla freddezza dei falsi convenevoli del jet set, trovare quel calore umano mi fece commuovere. Fui più che felice di ritardare la cerimonia, che si svolse un'ora dopo e, a meno che non perda di nuovo la memoria, avrò sempre nella mente e nel cuore quei momenti. In quella sala si rincorrevano da un capo all'altro della tavolata i vari dialetti degli ospiti della Casa. Il primo fu Romolo con qualche stornello, anche un po' scurrile ma che faceva ridere. Si accodò Michele che non volle tradurre alla lettera il suo dialetto ma penso che abbia fatto seguito alle battute di Romolo.

Se da una parte ero frastornato da tutto quel calore, quelle dimostrazioni d'affetto, io che mi ero abituato a vivere quasi in solitudine, mi sentii infastidito dai discorsi ufficiali, soprattutto quando il Sindaco, nel rinnovarmi gli auguri, mi ringraziò a nome di tutta l'Amministrazione per aver creato il legame tra i cittadini e il Centro. A nome della Fondazione, che mi ringraziava della mia donazione. Ma si era fatto sera, ringraziammo io e Anna, tutti i presenti e quanti avevano partecipato a rendere fantastica la cerimonia, ma avevamo un treno da prendere. Salutammo tutti e partimmo per la stazione: destinazione, Genova. Sul treno mi risuonavano ancora le risate e i canti degli ospiti della Casa, gli auguri caldi, calorosi e chiassosi. Che differenza con quel mondo dal quale ero fuggito! Ora comprendevo meglio il senso del mio rifiuto: quei saluti freddi, compassati. Si andava a teatro per mettersi in mostra, si ascoltava musica per convenzione, distaccati, si andava al Casinò neanche si giocava ma bisognava esserci, apparire. C'era solo una cosa che mia madre mi diceva:<<Un giorno dovrai occupartene tu>> e quel giorno era arrivato, ma ci avrei pensato al mio ritorno, per poter cominciare a vivere.

Arrivati a Genova, vista l'ora tarda, non potevamo andare in giro, ci ripromettemmo di visitarla al ritorno, cercammo solo un ristorantino dove poter gustare le specialità del porto e devo dire che lo trovammo e me le gustai veramente, ma non avevo però fatto i conti con il mare!

Voi che leggete, riderete di questo, ma tra rollio, beccheggio e dondolio, non fu dolce farci cullare dalle onde del mare la prima notte di luna di miele, visto che io la trascorsi quasi sempre al bagno con Anna che più cercava di consolarmi, più le veniva da ridere. Devo ringraziare la sensibilità di Anna se, il mattino dopo, arrivati a Palermo, mi disse:<<Andiamo subito in albergo, così ti metti a letto per riprenderti dalla "splendida" nottata. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo. In tutti questi anni che ho lavorato per la Fondazione, non ho mai preso le ferie. Possiamo goderci tutta l'estate>> e così facemmo, tanto che a forza di prendere traghetti e barche avevo sconfitto il mal di mare.

Vedere tutte quelle isole, quelle architetture di varie etnie, senza parlare del cibo: avevo deciso di assaggiare prevalentemente solo piatti a base di pesce (dicono che non fa ingrassare) ma, dopo un mese, avevo preso due chili in più. Come resistere al mattino, quando si scendeva in sala per la colazione, alle brioches col pistacchio, con le mandorle, ma non solo a Palermo. Catania, Siracusa, Agrigento, tutte le Egadi… fino ad allora avevo visto solo Nizza e Montecarlo ma soltanto dal panfilo di famiglia. Alcune volte che avevo accennato di scendere a terra, mi ero ritrovato con "accompagnatrici" al fianco per cui ci avevo rinunciato. Quando ero fuggito dalla mia famiglia, avevo sbagliato a rifugiarmi nella baita, ma non conoscevo e non avevo voglia di vedere nessuno. Ora che sono rinato, purtroppo, devo dar ragione a chi ha detto "cogli l'attimo" e io non mi ero perso solo qualche attimo, ma anni interi. Una parte di vita l'avevo lasciata scorrere senza godermela. Non so descrivere cosa abbiamo visto, non ne sono capace, ci vorrebbero migliaia di foto, senza parole. Lascio a voi liberare la fantasia o, se volete soddisfare la curiosità, documentatevi attraverso internet. Confesso che ero ignaro di tutto fin quando ho conosciuto Anna che mi ha guidato alla conoscenza di questa tecnologia e ora ne ero diventato obbligatoriamente dipendente. Claudio mi aveva regalato questo cellulare che ora porto sempre con me, per essere sempre reperibile. E' un prezzo che pago volentieri se mi ha portato a vivere in questa comunità.

Per un mese girammo in lungo e in largo la Sicilia e tutte le sue isole, finché decidemmo di fare il viaggio di ritorno via terra. Prendemmo più treni noi che un commesso viaggiatore, tutto il mese di Settembre, per arrivare il 1° di Ottobre a Torino. Ci era stato "suggerito" di essere al Centro per il 2, volevano festeggiare il mio compleanno. Come mi spiegò Anna, era un'usanza riservata a tutti gli ospiti della Casa. L'anno prima ancora non sapevano la mia data di nascita. Questa cosa mi procurò una gioia indicibile, ma ancora più intensa fu la commozione quando festeggiammo Natale e Capodanno. Il calore di stare insieme, una Famiglia così numerosa che sprigionava affetto sincero, mi fece ripensare a tutto gli anni passati in Svizzera per studiare e il senso di freddezza, di gelo quando mi venivano a prendere per le Festività. Quegli auguri da "etichetta" pieni di ipocrisia e quell'aria di commiserazione che mi riservava la servitù. Mi venne da ridere mentre ricordavo questi eventi, al punto che Anna mi chiese:<<Che ti succede? Ti sei immerso nei tuoi pensieri e ora stai ridendo da solo>>

<<Stavo pensando a tutti quelli che in questa Casa, mi hanno visto anche in cucina a lavare i piatti, cosa direbbero se dicessi loro che ho avuto la servitù per tanti anni, fin quando mi sono rifugiato alla baita?>>

Non sapevo che da lì a poco avremmo dovuto rinunciare a molte cose, abituati ad abbracciarci, darsi un bacio o una pacca sulla spalla.