ERNESTO: CAPITOLO XIX° di Luigi Lucaioli

19.04.2023

CAPITOLO 19

Tutto ad un tratto mi ritrovai che dovevo gestire e programmare il mio futuro. Cosa ne avrei fatto della villa? Un immobile così grande aveva bisogno di continua e costante manutenzione, a me spiaceva spendere per una casa che non sarebbe stata utilizzata. Avevo deciso di mantenere la baita, ci ero affezionato e ci avevo vissuto, ma la villa l'avevo sempre odiata e poco vissuta, visto che ero stato più in Svizzera e, solo con il fidanzamento e poi il matrimonio, peraltro brevissimo, avevo girato per quei saloni. Sembrava più un museo freddo, impersonale, a differenza della baita calda e accogliente. Una villa immensa, con tutti quei giardini intorno, giusto un miliardario poteva acquistarla e magari farci un albergo. Oppure il Comune o la Regione? L'avrei messa sul mercato, non mi importava cosa ne avrebbero fatto. Ero anche disposto a parlarne con Anna, lei sarebbe diventata mia moglie e volevo che si decidesse insieme. L'avrei aspettata sveglio, perché nelle ultime settimane, quando lei veniva a letto, io già dormivo e la mattina quando mi svegliavo, era già uscita. A dire il vero mi mancava fare l'amore con lei, come si faceva i primi giorni, quando si buttava il piumone in terra, perché c'era il letto per una persona. Quelle risate, quel tenerci abbracciati tutta la notte. Ora ci ritrovavamo a fare l'amore come due coniugi di vecchia data. Mi resi conto che non dipendeva solo da lei, pertanto decisi di non parlare di questo ma solo delle mie intenzioni circa il patrimonio che neanche io immaginavo fosse così ingente. Ma lei mi precedette.

<<Dobbiamo organizzarci per il viaggio di nozze. Visto che per la cerimonia se ne stanno occupando tutti, possiamo dedicarci agli itinerari, ai soggiorni. Sarà che ormai sono abituata a programmare, non vorrei trovarmi impreparata, poi magari un pizzico di follia, quando ci verrà voglia, sarà anche più piacevole. Dove vorresti andare?>> mi disse appena entrata in camera, salutandomi con un bacio frettoloso.

<<A parte il fatto che vorrei visitarlo tutto, il mondo! Beh, visto che ho vissuto soltanto il mio "triangolo delle Bermude", Svizzera, Montecarlo e Nizza, vorrei visitare la Sicilia. Pertanto cominciamo da lì, poi magari ogni volta che potremo, sceglieremo al momento. Ma volevo parlarti di un'altra cosa e vorrei che tu fossi sincera con me. Avrei intenzione di fare una donazione alla Fondazione, la villa di famiglia. Io non saprei che farmene e non vorrei neanche viverci, ma se ritieni si debba vendere per avere tanti soldi, posso capirti>>

<<Hai detto che i soldi che hai già bastano per una vita, accumularne altri a chi servirebbe? Non avremo dei figli a meno che non decidessimo di adottarne, ma sarei dell'idea di non farli vivere nella bambagia, si ritroverebbero come te, alla tua età che non saprebbero fare niente. E poi l'idea della donazione mi piace. Ma adesso pensiamo al presente: piace anche a me la Sicilia, come ci arriviamo? Per terra o per mare? Organizziamoci il viaggio e pensiamo a dare il menù per il pranzo e… non vorrei sembrarti venale, ma visto che i soldi li hai, possiamo comprarci una casa tutta per noi>>

<<Ma certo! Davo per scontato che restando a lavorare qui, non dovessimo comprarla molto lontano. Per il viaggio di nozze, domani vediamo l'itinerario via mare. Per il pranzo tutto a base di pesce e… per il resto, avremo tutto il tempo durante il viaggio di nozze per organizzarci il futuro. Ora possiamo pensare a noi, qui e ora? Ho voglia di fare l'amore con te come i primi giorni. So che sei stanca, ma io ti desidero più che mai!>>

Il mattino seguente ci alzammo più tardi del solito per la verità, le 9.00 di mattina era molto più di tardi, così dovemmo subirci le battute, le risatine e gli ammiccamenti di tutta la Casa. Quando si vive in una famiglia così grande è inevitabile, ma questo ci fece sentire che eravamo molto amati. Ci dirigemmo nell'ufficio di Anna, lei per il suo lavoro, io per le mie traduzioni, ma prima feci un giro di telefonate per il catering, poi acceso il pc (nel giro di pochi mesi Anna mi aveva insegnato ad usarlo perché io non lo avevo mai fatto prima), cercai un itinerario via mare per la Sicilia: dovevamo andare a Genova, prendere una nave fino a Palermo. Controllai gli orari, partenza da Genova alle 23.00. Mi appuntai tutto, feci leggere ad Anna quanto avevo trovato. Avremmo organizzato il viaggio non appena avuta la conferma per la cerimonia, mantenendo un margine di tempo, per evitare contrattempi dell'ultimo momento.

Mi sentivo su di giri, quasi febbricitante per quello che stavamo preparando io e Anna. Che differenza con il mio primo matrimonio, dove io non avevo avuto assolutamente voce in capitolo. Dovunque dovessimo andare, c'era sempre chi ci accompagnava e chi ci veniva ad aspettare. Mi sentivo un robot, eseguivo quanto mi veniva detto, senza chiedere nulla, tanto mi sentivo rispondere "sua madre ha pensato a tutto". Solo quella donna accanto a me ostentava, lentamente, il suo passaggio e con una voce stridula le sentivo dire spesso "grazie caro", ogni volta che scendeva dalla macchina o ci imbarcavamo sullo yacht. Le piaceva ricoprire il ruolo di gran dama di mondo, quel mondo che avevo sempre odiato e dal quale ero fuggito.

La sera prima del matrimonio, Anna andò a dormire a casa di Lisa. Anche senza rito religioso, voleva mantenere le tradizioni: non dovevo vedere la sposa fin quando non arrivava davanti all'officiante. Perciò me ne andai a letto senza il nostro buonanotte "Ma quanti ce ne saranno in seguito?" pensai.

Sul letto trovai un vestito da cerimonia grigio, con il cilindro, anche quello grigio. Ma era quello del mio primo matrimonio! Che scherzo era quello? Lo presi con rabbia, lo avrei bruciato ma sotto il cilindro c'era un biglietto.

"Questo conservalo per Carnevale, è indicato. Ti amo. P.S. è tutto nell'armadio".

Lo aprii per accertarmi che non fosse un altro scherzo, ma no, era quello che avevo scelto, compreso le scarpe, che ancora non sapevo se sarei riuscito ad indossare, visto che erano anni che portavo solo scarponcini. Ma le sorprese non finivano lì: appeso, trovai un giaccone "alla marinara", blu, di quelli che andavano di moda tanti anni prima, lo avevo visto in una vecchia foto di uno zio di lei, ma non era più in vendita.

"Questo l'ho trovato in un mercatino delle pulci. L'ho fatto ripulire. Dovrebbe essere della tua taglia"

Lo provai subito, era di un panno morbido e caldo, il bavero sollevato copriva metà testa, aveva 4 tasche, due erano all'altezza del petto e ci si potevano affondare le mani.

"Anna ha esaudito un mio desiderio soltanto per avermi visto soffermare l'attenzione su quella foto" pensai. Mi resi conto che era l'una di notte e per le 10.00 dovevo essere pronto; mi coricai sapendo che, dal giorno seguente, avrei cominciato una nuova vita.

Il mattino dopo venni svegliato dal bussare alla porta, dissi subito "avanti!"me ne pentii e la mia faccia fu molto eloquente, al punto che Gina (era lei che aveva bussato):<<Tranquillo, ti ho solo portato il caffè e controllo che sia tutto a posto. Me lo ha chiesto Anna, sa che può fidarsi. Mi ha raccomandato di avvisarti che dovrai attenderla fuori dal portone del Centro. Nel frattempo fai colazione. Le valige sono già sul pulmino perché nel pomeriggio andrete subito alla stazione>>

Uscii dalla stanza e mentre mi recavo in cucina, vedevo tutti gli ospiti che mi salutavano sorridendo, intenti nei preparativi.

Dopo aver sentito due o tre volte "buongiorno, Ernesto" realizzai cosa mi avesse colpito: mi chiamavano tutti Ernesto e lo avevano anche scritto su uno dei festoni, "Ernesto e Anna". Augurai buongiorno a Franca, prendendola sottobraccio le dissi:<<Non vi hanno detto che il mio vero nome è Umberto?>>

<<Lo sappiamo, ma per noi, sei e rimarrai sempre Ernesto!>> mi schioccò un bacio sulla guancia e riprese a sistemare dei fiori.