BARBARANO DEL CAPO
Barbarano del Capo
UN PO' DI STORIA
L'abitato di Barbarano del Capo sorge nella vallata fra Serra Falitte, ad ovest, e Serra di Montesardo, a est. Situato a 130 metri sul livello del mare presenta un territorio roccioso e carsico. La forte caratterizzazione carsica del territorio è riscontrabile nelle Vore di Barbarano (vora grande e vora piccola) due voragini di forma ellittica profonde rispettivamente 35 e 25 metri. Il paese è circondato da distese di uliveti secolari. Le radici di Barbarano del Capo sono da ricondurre alla distruzione della città di Vereto da parte dei Saraceni nel IX secolo. Con l'arrivo dei Normanni verso la fine del XII secolo, il re Tancredi d'Altavilla donò il feudo a Lancellotto Capece la cui famiglia ha lasciato una rilevante impronta della loro presenza con la costruzione di una torre fortificata. Governato per un breve periodo da Scipione Ammirato, nel 1297 fu ceduto ai Natoli (Nantolio o Antoglietta), nel 1303 venne investito Enrico di Natoli come Signore. Nel 1346 compare come Signore di Barabarano Filippo di Natoli (de Nantolio), Capitano Generale della Regina Giovanna I di Napoli, Gran Ciambellano, e familiare di Filippo II d'Angiò Imperatore di Costantinopoli e principe di Taranto. A Filippo subentra suo figlio Giovanni, Barone di Ruffano e Barbarano dal 1371 circa, che comprò anche il feudo di Francavilla dalla Camera Regia verso il 1368. I Natoli rimasero come Signori feudali fino al 1350. Ad essi succedettero i d'Aquino e poi tornarono ancora i Natoli. Nel 1442 ritornarono i Capece che ne detennero il controllo sino al 1806, anno in cui fini la feudalità. Accorpato in un primo momento al comune di Salve, anch'esso feudo dei Natoli, il paese divenne frazione di Morciano di Leuca il 1º agosto 1894. Il nome deriva probabilmente da "barbari", poiché il centro è sorto dopo la distruzione della vicina Vereto da parte dei Saraceni.
Aree naturali: Vore di Barbarano sono due cavità carsiche situate appena fuori il centro abitato in direzione ovest. Distano circa 300 metri l'una dall'altra e sono conosciute con il nome di Vora Grande e Vora Piccola. Entrambe hanno una forma ellittica e misurano rispettivamente una profondità massima di 35 e 25 metri. Il termine vora scaturisce dalla versione dialettale del termine voragine. Un'antica leggenda dice che esse siano le porte di accesso agli Inferi
PIATTI TIPICI
Le fave nette
Uno dei
piatti tipici della tradizione gastronomica salentina, proveniente dalla
tradizione contadina, è quello delle fave nette. Si tratta di una
delicata purea di fave,
messe a bagno e poi cotte in acqua, sulla quale si adagiano delle gustose cicorie selvatiche, lessate e
cotte con olio, cipolla, aglio ed acqua. Il tutto irrorato con del sano e
genuino olio extravergine di oliva del Salento. Un piatto prelibato
perfetto da gustare con dei crostini di pane caldo ed un buon bicchiere di
vino.
Cecamariti
Dietro questo nome divertente si nasconde una piccola prelibatezza salentina, non un vero e proprio piatto ma piuttosto uno sfizioso antipasto dai poteri incredibili. Pare infatti che la bontà estrema di questi bocconcini riesca addirittura a far passare qualunque arrabbiatura ai mariti! I cecamariti sono essenzialmente delle frittelline salate, facili da preparare, composte da farina, cipolla, zucchine, pomodori, capperi e peperoni. Delle piccole delizie tutte da gustare e che lasciano facilmente intuire la grande simpatia e bontà di questa terra.
Barbarano del Capo è una frazione di 952 abitanti del comune di Morciano di Leuca in provincia di Lecce. Si trova nel basso Salento e dista 2.5 km dal capoluogo comunale e 61 km da Lecce. Il paese è noto per la presenza delle vore carsiche e per ospitare il Santuario di Santa Maria di Leuca del Belvedere. Le vore di Barbarano sono due cavità carsiche site in provincia di Lecce. Sono ubicate appena fuori il centro abitato di Barbarano del Capo, frazione del comune di Morciano di Leuca. Distano circa 300 m l'una dall'altra e sono conosciute con il nome di Vora Grande e Vora Piccola. La prima ha una profondità massima di 35 metri, l'altra si ferma invece a 25 metri. Il termine "vora" scaturisce dalla versione dialettale del termine "voragine". Le cavità sono al momento completamente recintate per motivi di sicurezza.
DA VEDERE
La Chiesa Madre di San Lorenzo risale alla metà del XVI secolo e venne riedificata in seguito alla distruzione, ad opera dei Turchi nel 1537, dell'antica chiesa dedicata a Santo Stefano. La nuova struttura venne innalzata a partire dal 1548 per volontà del feudatario locale Mario Capece e venne costruita al di fuori del centro, nei pressi della torre fortificata per essere meglio difesa. La chiesa presenta un prospetto neoromanico frutto di lavori effettuati nel 1947 e che hanno comportato anche la creazione delle navate laterali nate dall'unione delle cappelle seicentesche e settecentesche. Gli altari sono in stile barocco e sono dedicati a San Lorenzo, alla Madonna del Rosario, alla Madonna Immacolata e a San Francesco d'Assisi. L'altare di San Lorenzo è di patronato dalla famiglia Capece ed è sormontato da una grande tela del pittore Fra Angelo da Copertino. L'altare maggiore è del 1723 mentre al 1773 risale la sostituzione del tetto a capriate con una volta a stella decorata con stucchi. Dell'antico edificio si conserva una croce in argento.
Santuario di Santa Maria di Leuca del Belvedere è un importante esempio di architettura rinascimentale ed è preceduta da un pronao a grandi arcate addossato alla facciata. L'interno è arricchito da affreschi sei-settecenteschi raffiguranti alcuni Santi. Pregevole è la volta affrescata con le figure dei quattro evangelisti uniti dalla sigla JHS scolpita sulla chiave di volta. Attorno all'edificio sacro sono presenti le mangiatoie, i resti del frantoio del vino, il grande arco che introduceva nel campo dove si teneva la fiera, le rimesse per il ricovero dei cavalli e i ruderi della locanda sul cui prospetto una lastra di pietra recava incise le 10P col significato: "parole poco pensate portano pena perciò prima pensare poi parlare". L'attuale lastra riposizionata nel 1999 sostituisce l'originaria rubata. Il Santuario di Santa Maria di Leuca del Belvedere fu costruito tra il 1685 e il 1709 dal barone Annibale Francesco Capace. Il complesso architettonico è situato lungo il tragitto che i pellegrini percorrevano per giungere al Santuario De Finibus Terrae di Santa Maria di Leuca. Conosciuto anche con il nome di Leuca Piccola, venne concepito come luogo di preghiera e di ristoro in quanto era dotato non solo di ambienti religiosi ma anche di locali destinati al riposo e al ristoro dei pellegrini e degli animali. I pellegrini che vi giungevano riposavano durante la notte nei grandi sotterranei, appositamente scavati, per poi ripartire alla volta di Leuca alle prime luci dell'alba.
Torre Capece edificata probabilmente in epoca tardo medievale, la torre baronale Capece costituisce ciò che rimane di un castello cinquecentesco eretto dalla nobile famiglia Capece. Presenta una pianta quadrata con due stanze e serviva come luogo di guardia e di avvistamento contro le incursioni saracene. Alta 18 m, possiede una base scarpata e un corpo superiore quadrangolare caratterizzato da caditoie, feritoie ed altri elementi che ne determinano il ruolo difensivo. Venti beccatelli per lato sorreggono la parte terminante della torre che ospita sette aperture per l'utilizzo dei cannoni. Ai piedi del torrione si distribuiscono i locali adibiti ad alloggi, depositi e scuderie. Il portale d'acceso è sormontato dallo scudo araldico dei Capece raffigurante un leone rampante.
Ciciri e tria
I ciciri sono i ceci nel dialetto locale, mentre i tria, sono un particolare formato di pasta che le massaie fanno rigorosamente a mano mescolando esclusivamente acqua e farina. I ceci vengono cotti insieme a cipolla, sedano e carote, mentre la pasta viene cotta normalmente in acqua salata. La particolarità del piatto sta nel fatto che le parti avanzate della sfoglia, dalla realizzazione della pasta, vengono fritte in olio di oliva, andando a formare i cosiddetti frizzuli, che danno al piatto un gustoso gioco di consistenze tutto da assaggiare.